“Non c’è mai una seconda possibilità per fare la prima impressione”.
È con questa frase che vogliamo aprire questo articolo, perché è una di quelle frasi che cattura l’attenzione e fa riflettere su quanto possono essere impattanti i Bias cognitivi. Quello che ci incuriosisce, infatti, è il meccanismo che scatta in ogni essere umano quando si interfaccia per la prima volta con qualcosa, che sia un prodotto un servizio o anche una persona.
I meccanismi che scattano in ognuno di noi sono del tutto intrinsechi e involontari. Il problema è che questi innescano nella mente umana dei forti giudizi o pregiudizi cognitivi che possono essere davvero impattanti quando questi sono di tipo negativo, ostacolando e portando effetti che compromettono la User Experience. Questi giudizi o pregiudizi cognitivi portano il nome di Bias cognitivi, che Wikipedia definisce come "un pattern sistematico di deviazione dalla norma o dalla razionalità nel giudizio".
Ma che cosa succede nella mente delle persone durante le scelte?
È importante come comunichiamo un messaggio e che struttura scegliamo per raccontarlo. Questi due elementi spesso incidono sull’interpretazione del contenuto da parte dell’interlocutore. Esiste infatti un “Frame” ( = cornice), ovvero il contesto all’interno del quale le persone esprimono un’idea, una domanda, una decisione. I frame catturano la nostra attenzione e direzionano le nostre interpretazioni attraverso l’enfatizzazione di certi aspetti.
La stessa cosa succede quando progettiamo qualcosa. Come comunichiamo e come posizioniamo gli elementi in un’interfaccia possono influenzare il nostro utente portandolo ad avere dei Bias cognitivi negativi che possono intaccare la UX.
Un bias cognitivo comune in questo ambito è il bias di conferma dello sviluppatore, un processo mentale che incide sull'attività di testing. Ne abbiamo parlato qui.
Ma perchè la mente umana riesce a ricordare solo un determinato “ Frame “ o “situazione”?
È qui che entra in gioco l’emozione, e le neuroscienze ci aiutano a capire le zone cerebrali coinvolte: l’amigdala e la corteccia orbifrontale mediale (De Martino, 2006). L’attivazione dell’amigdala porta all’elaborazione di stimoli emozionali, per cui siamo automaticamente portati a evitare stimoli avversi e ricercare stimoli attraenti. È proprio attraverso le emozioni che determinati ricordi o momenti rimangono impressi nella memoria dell’utente portandolo ad avere Bias cognitivi negativi o positivi.
Come prima cosa è fondamentale scoprire che emozioni genera un'interfaccia. Per farlo viene in aiuto la tecnica del Thinking Aloud, utilizzata nei test di usabilità. Grazie a questa metodologia possiamo rilevare e percepire i comportamenti degli utenti e possiamo riconoscere i momenti nei quali, navigando in un sito web o app, si imbattono in questi picchi di forti emozioni che segnano l’esperienza su quel prodotto.
Chi progetta dovrebbe tenere a mente che l’utente ha una memoria a breve termine e deve comprendere che determinate scelte all’interno del design devono essere prese per aiutare l’utente nel trovare le informazioni che cerca nel minor tempo possibile, limitando di conseguenza lo sforzo cognitivo. Vediamo, a titolo di esempio, il“Serial Position Effect”.
Uno dei modi per superare i bias cognitivi negativi e eliminare il carico cognitivo è guidare l’utente con il “Serial Position Effect” (Hermann Ebbinghaus psicologo pioniere della ricerca sulla memoria).
Hermann definisce come la posizione di un oggetto in una sequenza influenzi il "richiamo" delle parole alla mente.
Questo grafico illustra la tendenza di un utente a richiamare meglio gli elementi dall'inizio e la fine di un elenco o sequenza. Gli elementi di mezzo sono i più difficili da ricordare.
Studi hanno dimostrato che gli utenti ricordano e memorizzano, ad esempio in una lista di informazioni, solo la prima e l’ultima parte di questa lista. Questo dovrebbe spingere i designer a progettare prodotti che non portino l’utente a sforzarsi (quindi andando ad agire positivamente sui suoi bias) e a diminuire il loro carico cognitivo all’interno di liste troppo lunghe limitando il più possibile i contenuti, ma soprattutto, lasciare che quello che gli utenti ricorderanno resti nella loro mente estremamente unico, memorabile e positivo.
Noi di AppQuality sappiamo quanto sia importante una buona User Experience e spingiamo le aziende a controllare i Bias cognitivi negativi cercando di migliorare le interfacce, permettendo così di limitare ricordi ed esperienze negative trasformandoli in esperienze positive, considerando anche la memoria a breve termine degli utenti mentre si interfacciano con prodotti o servizi.