I bug sono una mina vagante, elementi imprevedibili. Ma soprattutto, compromettendo l’esperienza dell’utente, sono il nemico giurato del tasso di conversione del tuo sito, e-commerce o app. Ti vogliamo far comprendere che impatto possono avere e ti diamo una soluzione per evitarli prima e dopo la release: il crowdtesting.
Un bug indica un difetto, un errore o una falla nel software o nel sistema sviluppato che produce risultati imprevisti.
Generalmente sono di due tipi:
Inoltre, anche se non possono considerarsi appieno “bug” perché non sono degli errori di codice, un software può avere i problemi di usabilità, ovvero mancate corrispondenze tra le aspettative dell’esperienza di un utente e la risposta di un prodotto digitale durante l’interazione.
La mancanza di lungimiranza nell'anticipare i bug può causare seri problemi. Basti pensare che tutti i bug, di qualsiasi tipo siano, interrompono la funzionalità del prodotto e causano un effetto a catena in altre aree: quando identificato, deve essere monitorato e corretto per assicurare un’ottima qualità dell’esperienza utente.
L’impatto di un bug è misurato in base alla sua gravità rispetto alle KPI del prodotto digitale e in base alla sua priorità di risoluzione.
La scala della gravità di un bug copre i vari gradi di compromissione di software e dalla sua fruizione da parte dell’utente (critica - alta - media e bassa); parallelamente la priorità di un bug segnala la rapidità con cui un bug deve essere risolto per garantire il minimo impatto possibile sul prodotto (immediata - alta - medio - bassa).
L’impatto che ha un bug si conta anche in termini economici. Secondo uno studio di ITIC, ogni ora di downtime per risoluzione di bug può costare mediamente a un’azienda 100mila dollari; il 33% delle aziende che hanno partecipato allo studio ha dichiarato che quell’ora di manutenzione e inattività è costata tra gli 1 e 5 milioni di dollari.
Esistono inoltre casi di bug illustri che hanno coinvolto brand importanti: a marzo 2018 un bug al programma della Mercedes che simula le strategie di gara è costato la vittoria del Gran Premio d’Australia a Hamilton.
O ancora Nest, termostato di proprietà di Google: durante gennaio del 2016 un glitch nel software non permetteva più la regolazione della temperatura e ha lasciato i consumatori a vivere un inverno freddissimo o, ancora peggio, senza acqua calda.
I bug non piacciono a nessuno, a partire dagli sviluppatori fino ad arrivare agli investitori. Ma c’è qualcuno per cui un bug diventa un vero dealbreaker: i clienti del tuo software.
I dati raccolti dalle più importanti ricerche nell’ambito parlano chiaro e dovrebbero farti rizzare le antenne. Un buon modo per essere lungimirante, è sottoporre il tuo prodotto al crowdtesting, ovvero a una prevenzione, valutazione e ottimizzazione dei bug da parte di una community di tester verificati.
Ma torniamo ai dati. Il 79% degli utenti è meno propenso a fare di nuovo acquisti su un e-commerce con problemi (fonte: Kissmetrics), il 44% cancella subito un’app se non funziona (fonte: Apigee) e il 34% passa a un competitor se non soddisfatto (fonte: Compuware). In più il 39% smette di interagire con un sito che carica troppo lentamente (fonte: Adobe).
Riassumendo: bounce rate altissimo sulle pagine che devono convertire, conversion rate insoddisfacente e, in caso di tempi di caricamento lunghissimi, penalizzazione del sito nell’indicizzazione SEO.
Prevenire un bug evita costi, stand-by di manutenzione e utenti scontenti. Saperlo riconoscere in tempo è un comportamento virtuoso, nonché una delle best practice dei prodotti di maggior successo. E che fanno la differenza.